L'intervista di Penthouse

DONNA SUMMER

"L'unica cosa che credo la gente debba capire
è che ho bisogno d'essere libera"

 

(...) Per questa intervista esclusiva di Penthouse, Elliott Mintz ha incontrato la cantante a Los Angeles durante una breve pausa dagli impegni della sua tournèe. I due hanno iniziato parlando dell'immagine di Donna Summer: il mito contro la realtà.
D: La tua immagine è quella di una seduttrice molto provocante, tutta dedita al sesso. C'è qualche relazione tra quest'immagine e la "vera" Donna Summer?
R: Direi di no. In effetti credo che il mio interesse per il sesso sia inferiore alla media. Sono sensuale, sono molto erotica. Ma in un certo senso la mia sessualità esiste su un piano fantastico.
D: Quali sono le tue fantasie?
R: Aspetta un attimo, non siamo ad uno spettacolo gratis! Bè, diciamo che sono molto brava a fantasticare - davvero. Non ho bisogno di dover toccare le cose per poterle vedere, quindi mi posso godere tante cose, perchè ce le ho in testa. Credo che tante persone non comprendano o non utilizzino abbastanza il proprio potenziale di fantasie. Penso che le persone cerchino di fare avverare le proprie fantasie - non riescono a goderne per quello che sono. Ma cercando di farle avverare si sforzano troppo, per cui più che una gioia per loro diventano un incubo. Certe fantasie non si possono mettere in pratica con un essere umano. Parlo di fantasie fini a sè stesse - cose che non puoi assolutamente realizzare.
D: Quali sono le tue?
R: Come faccio a dirtene una che non mi dispiacerebbe vedere pubblicata? Mettiamola così: in realtà, quando si tratta di uomini, di solito sono molto timida. Non sono stata con molti uomini nella mia vita. Oggi posso eccitarmi pensando a come sarebbe se fossi veramente la persona che molti credono Donna Summer sia. Ricevo lettere di tutti i tipi che alimentano questa fantasia. Certe lettere parlano di fantasie e sogni delle persone su di me -alcuni mandano quadri e foto. Non puoi immaginare cosa mi raccontino queste persone! Un tipo era ossessionato dall'idea di vedermi a letto con Raquel Welch - ah, c'era anche Ann Margret. Io avevo una frusta, o qualcosa del genere, e le costringevo a fare qualsiasi cosa volessi. Questo tipo andava avanti per quattro o cinque pagine, dicendomi come aveva trovato un mio disco nella stanza del figlio, l'aveva preso, lo suonava quando a casa non c'era nessuno e non riusciva a pensare ad altro. E' incredibile. (il disco non doveva essere MAC ARTHUR PARK! ndt)
D: Se una fantasia è qualcosa che non si potrà mai realmente avverare, puoi darmi un esempio delle tue fantasie?
R: Potrei immaginare di trovarmi a percorrere un corridoio buio, mentre mi reco a cantare, e di venire attaccata, sopraffatta sessualmente da qualcuno.
D: Non si tratta della versione da maschio sciovinista della fantasia di una donna?
R: Penso di no. Questa fantasia segreta di venire assalite fa parte delle donne perchè siamo state cresciute in questo modo. Non sto dicendo che debba essere necessariamente la fantasia di ogni donna, perchè non posso parlare per ogni donna. Ma a me piace sapere che c'è qualcuno più forte di me. Voglio poter sapere che se mi stanco, c'è qualcuno che può prendere il comando. Mi piace sapere che non ce la faccio a sollevare un frigorifero da sola. Dio non mi ha dato abbastanza forza per farlo.
D: Preferisci essere dominata fisicamente dagli uomini?
R: A volte sì - assolutamente, al 100 per cento. E a volte non voglio essere dominata intellettualmente. Quando parlo di aggressione, penso di essere quella che viene aggredita e non quella che aggredisce.
D: Hai mai avuto un'amante donna?
R: Mai, e non rientra nei miei piani. Devo dire di essere stata avvicinata da molte donne nella mia vita, ma non era una di quelle cose cui volevo partecipare - non al di fuori del mondo della fantasia.
D: Ti infastidisce sapere che una delle tue amiche può trovarti sessualmente attraente?
R: Fin quando non mi tocca, no. E' strano, come una specie di tic, ma non mi piace affatto che la gente mi tocchi. La trovo come un'imposizione sulla mia persona.
D: Da dove pensi che venga questa fobia?
R: E' che non mi sento sicura quando sono tra donne. Penso che questa cosa risalga ai tempi dei miei inizi nel mondo dello spettacolo, quando avevo circa diciotto anni. Ballavo, cantavo e avevo intorno molte donne più grandi di me - donne intorno ai trenta /trentacinque anni, non ragazze. Quando ero più giovane ero scattante, sempre in movimento. Ero molto magra e mi muovevo in maniera flessuosa, ovviamente stimolante per le donne. Ad un certo punto cominciai a preoccuparmi, "Sono io a mandare questi messaggi alle donne?". Ne parlai con un analista e capii che non ero io. Erano loro e quello che volevano vedere in me. Era la mia immagine.
D: La tua immagine è all'opera anche nella relazione con il tuo attuale fidanzato?
R: Bè, il mio ragazzo è italiano. Io lo considero il mio stallone italiano, come sono certa di essere per lui la dea del sesso. Ma non credo che quello che prova per me abbia a che fare con il mito che mi circonda. E' per questo che la nostra alchimia funziona.
D: Questa alchimia ha a che fare col fatto che tu sei nera e lui è bianco?
R: Il mio ragazzo sicuramente ha avuto altre donne nere, ma l'alchimia non funzionava come funziona per noi. Io sono stata con altri bianchi, e l'alchimia non era la stessa. Sai, quello che la gente considera erotico o bello dipende molto da quello quello che ha sentito dire per venti o trent'anni. Una volta ebbi dei problemi con uno dei miei ragazzi. Al momento di concludere venne sopraffatto dal nervosismo e non sapeva più che fare. In me vedeva un colore, non una persona. Mi fermai e dissi, "Aspetta un momento. Dimentica quello che ti hanno insegnato. Non mi devi dimostrare niente - Io sono io, non sono un mito. Guardami negli occhi e affronta me, non un mito, perchè io non sono un mito".
D: Che ne pensi del fatto che alcune donne bianche pensano che gli uomini neri siano gli amanti migliori?
R: Non saprei... Certamente non è solo il modo in cui gli uomini neri si comportano. E' il colore, lo spessore dei capelli, l'odore, la differenza nel tocco. Fare l'amore con un uomo nero è diverso dal fare l'amore con un uomo bianco. E' un tocco diverso. E' una questione estetica. Credo che per una donna bianca immaginare un uomo dalla pelle nera che le balza addosso... bè, il contrasto è una cosa eccitante, penso. Io attiro gli uomini biondi come le mosche. Uno dei miei discografici girava per l'Europa con me e una volta mi disse, "Dio mio, in tutta la mia vita non ho mai visto tanti uomini biondi intorno a una persona!". E' il contrasto, l'effetto che fa. Ma in termini puramente sessuali, non c'è differenza a livello di razze. Che il pene di un nero sia più lungo, grosso o potente di un bianco - scusa se sono così tecnica - è solo una fantasia. E non posso certo dire che le donne di colore siano più resistenti. Voglio dire che non lo so proprio.
D: Cosa pensi ti renda così popolare tra i gay?
R: Non saprei. E' buffo, uno dei miei primissimi ragazzi era omosessuale. All'epoca non lo sapeva, ma io avevo sempre sentito che era molto sensibile. Gli omosessuali mi hanno sempre attirato - e non solo fisicamente. A volte penso che mi sento attratta da loro perchè sono materna.
D: Donna Summer è materna?
R: Penso di possedere una certa forza che un uomo non attratto dalle donne può trovare interessante.
D: Che emozioni provi quando registri o esegui canzoni che emanano tutta quella carica sessuale?
R: L'approccio per LOVE TO LOVE YOU BABY fu come per una parte da interpretare, come immaginai sarebbe stato per un uomo vedere sua moglie per la prima volta, o per una donna vedere per la prima volta un uomo. E' una situazione che conosco. Non c'era molto da dire. Ero in estasi ancor prima di essere stata toccata. Ansimavo solo al pensiero che il mio sogno era lì, di fronte a me. L'estasi può venire in vari modi, non è solo una cosa fisica. Ma quella canzone rievocò fantasie fisiche. Recitai bene la parte, e la gente credette alla storia che stavo interpretando.
D: Tutti quei gemiti, quell'orgasmo simulato senza pensare a cose sessuali?
R: So che sembra strano. Durante la registrazione del disco pensai a cose molte più romantiche di quelle che il disco porti a credere. Nella vita ci sono momenti di estasi che sono molto fisici, che sono come un orgasmo. Per una madre, ad esempio, ci sono dei momenti - quando tocca il suo bambino e si rende conto che questo miracolo è suo - che sono estasi. Sai, quel disco fece fiasco due volte in Europa. Ero una buffa ragazza americana che si trovava in Europa per fare la migliore musica europea. La mia immagine era questa. Il disco non veniva nemmeno riconosciuto. Uscì dalle classifiche due volte prima di venir pubblicato una terza volta ed avere successo. Fu pazzesco. Trovai un vuoto nel mercato. Un varco che mi diede la possibilità di infilare un piede nella porta. Un piede bello grosso, devo dire, non un piede normale, che mi ha spinto molto, molto lontano dalle mie radici di Boston.
D: Da che tipo di famiglia vieni?
R: Da una famiglia della piccola borghesia nera di Boston. Eravamo in nove. Mio padre e mia madre lavoravano così duramente. Mio padre faceva tre lavori. Si dava tanto da fare per mantenerci. Era un padre veramente severo ma molto buono. Durante la guerra faceva il macellaio, così la carne non ci mancava. Era anche un elettricista, e nel tempo libero faceva il portinaio. C'erano volte in cui non avevamo niente, ma non siamo stati trascurati mai. A volte le mie amiche andavano a scuola con le gonne nuove, questo nuovo, quell'altro nuovo, e io non avevo niente di nuovo. Ma non le invidiavo. Ero sempre un po' diversa. Quando tutte le altre pensavano a sposarsi e parlavano del ballo delle debuttanti, io pensavo, "Perchè sono diversa? Perchè queste cose non mi interessano?". Non mi interessavano perchè sapevo che avrei fatto qualcosa nella mia vita. Anche quand'ero bambina sapevo che sarei diventata qualcuno. Ti confesso che i negozi del quartiere mi facevano credito perchè tutti pensavano che un giorno avrei avuto successo. Potevo andare e prendere quello che volevo, lo mettevano in conto e mi dicevano, "Un giorno diventerai famosa. Pagherai allora". Penso di essere cresciuta avendo ben presente chi ero, chi ero destinata a diventare. Vivevo in un quartiere molto vario: c'erano irlandesi, italiani, cattolici, medici, insegnanti, studenti, famiglie normali - un vero crogiolo.
D: Ti sei mai avvicinata alle droghe quand'eri giovane?
R: Intorno ai sedici anni attraversai una fase di droga piuttosto pesante. Fu la parte della mia vita alla Janis Joplin. Facevo parte di un gruppo rock 'n' roll, ero l'unico elemento femminile e l'unica persona di colore del gruppo. Ero la cantante solista. Era quel periodo psichedelico in cui tutti provavano e sperimentavano cose nuove, ed io ne ero anche troppo entusiasta. Alla fine arrivai così in fondo che a diciott'anni dissi, "Basta! Dio non mi ha creato per vivere in questo modo!" E così smisi, improvvisamente, dopo due anni, e da allora non mi sono più drogata. Adesso sono esageratamente sensibile a qualsiasi tipo di farmaco. Quando devo prendere il Tylenol è un guaio.
D: E' stato anche durante questo periodo che hai scoperto il sesso?
R: La mia prima volta risale a quando avevo diciotto o diciannove anni. Fu piuttosto deludente. Mi fa venire in mente quella canzone che fa "E' tutto qui?" (IS THAT ALL THERE IS?). Fu un vero errore. All'epoca mi trovavo a Boston, e mi innamorai pazzamente di un tipo veramente speciale. Era la sensibilità fatta persona. Era poetico ed io ero più che cotta di lui - mi sarei uccisa al pensiero di non poter stare con lui. Ad ogni modo, alla fine ci lasciammo, principalmente perchè dissi che non volevo avere rapporti sessuali prima del matrimonio, bla, bla, bla. La delusione fu grande e pensai che forse avere rapporti con un uomo era quello che si doveva fare per tenerselo. Così feci sesso con il mio ragazzo successivo, anche se non ne ero molto innamorata, perchè pensai che dovevo farlo e che faceva parte della crescita. Il mio cuore e la mia anima erano altrove - avevo solo paura di perderlo. Fu una vera delusione.
D: Sei felice della tua vita , adesso?
R: Sono sempre leggermente depressa. Il lavoro è tutta la mia vita, e lo è sempre stato. Anche quando sono a casa a rilassarmi, o canto o suono il piano. Devo sempre fare qualcosa di creativo o costruttivo. Odio la sensazione di non fare niente. L'anno scorso sono stata in tournèe per otto mesi. Quest'anno per circa quattro. Ho cominciato ad andare a un tale ritmo da non riuscire più a dormire. Mi sono ritrovata in uno stato di insonnia permanente. Non ho fatto altro che passare da un film a un disco, da questo a quello, poi a qualcos'altro.
D: Cosa ti spinge a comportarti così?
R: Credo che venga dalla paura di morire, nel senso che sento che Dio mi ha dato un motivo per essere qui. Sono molto religiosa, nel senso che credo che ci sia una vita dopo la morte e che tutti abbiamo un prezzo da pagare; e qualunque cosa sia, io voglio pagarlo prima di andarmene. Voglio fare qualcosa per gli altri - e sto raggiungendo una posizione in cui posso realizzare cose per gli altri. Io credo che i soldi parlino. Tutto il resto va bene, ma i soldi sono eloquenti, e se posso mettere da parte una data somma di denaro per costruire una comunità, per esempio, allora sì che sto facendo qualcosa.
D: Quale sarebbe il tuo obiettivio a lungo termine?
R: Ho sempre detto che si tratta di mettere su una comunità in Sud America. Non so perchè proprio in Sud America; potrebbe essere ovunque nel mondo. Vedi, io credo che noi americani, come pure gli inglesi, i tedeschi, i francesi, abbiamo sempre preso. Siamo andati negli altri paesi a prendere, prendere, prendere, castrare le persone, farle diventare cittadini di serie B a casa loro. Mi piacerebbe andare in un posto dove non è eccessivamente costoso fare tante cose e dare, lasciare che la gente di questo posto mantenga la propria identità. Mi piacerebbe poter fare avere a questa gente sfortunata una formazione che le permetta di progredire nel proprio paese. E' una teoria quasi comunista - utopistica, forse - perchè ci sono tante di quelle persone avide che non vorranno impegnarsi in certe cose. Ma non mi dispiace rinunciare a quello che possiedo. I miei contabili mi dicono sempre, "Spendi troppo!". E io dico loro, "Domani verrà che io abbia o no un centesimo in banca.". Posso rischiare tutti i soldi che voglio perchè so che con la mia intelligenza e la mia forza posso ritornare alla posizione di partenza.
D: Sarebbe corretto dire che nel 1978 hai guadagnato un milione di dollari?
R: Se vai in tournèe per otto mesi, puoi farti un calcolo di quanto guadagnerai. Penso che quello che potrei guadagnare in un anno potrebbe essere - Dio, chi lo sa? Qualcosa tra i due milioni e mezzo e i cinque milioni di dollari. Non so se guadagno tanto, perchè andare in giro a fare concerti costa un sacco di soldi. Me l'hanno fatto notare solo recentemente, e quasi mi prendeva un colpo. Pensa solo al costo dei voli. Diciamo che hai con te trenta persone. Cinque o sei di queste viaggiano in prima classe, le altre in classe turistica e il costo è enorme. La somma di denaro che riesci a guadagnare alla fine non è così grande, perchè se togli la paga per l'agente, il manager e tutti gli altri, non ti resta poi molto per tutto il duro lavoro che hai svolto. Solo i costumi l'anno scorso mi sono costati 70.000 dollari. Ci sono forti spese iniziali quando decidi di andare in tour. Devi pagare quattro settimane di prove. Devi comprare l'amplificazione. Devi tirare fuori le luci. Una tournèe è un affare da molti milioni di dollari, veramente - e non necessariamente per l'artista. Molta gente non può fare concerti perchè è troppo costoso. Per la mia prima tournèe, in Europa, mi fu offerta una certa somma di denaro, ma le cose non andarono per il verso giusto, e al ritorno possedevo quasi 200.000 dollari. Possedevo - non avevo guadagnato un centesimo.
D: Ora che sei continuamente richiesta e impegnata, non hai mai voglia di smettere e divertirti?
R: Ogni settimana. Te lo giuro: ogni settimana. Ogni volta che torno da una tournèe, la prima settimana sono talmente esausta che giuro che non tornerò più a fare concerti per tutta la mia vita. Non voglio farlo più. Ne ho avuto abbastanza, la mia vita è stata troppo irregolare, voglio condurre una vita sensata e tranquilla, voglio stare con la mia famiglia... Poi, dopo circa una settimana e mezza, sono annoiata a morte e sono di nuovo in giro. E' un lavoro da masochisti. Ce l'hai nel sangue. E' come le persone che hanno paura del mare. Qualcosa le spinge ad andare in mare continuamente. Dicono sempre che resteranno sulla terra ferma, ma quando sentono il richiamo del mare, vanno. Lo amano e lo odiano. Amore e odio sono alla base del mondo dello spettacolo. Le persone ti amano oggi e ti odiano domani. Ti fanno cadere e poi ti riportano su. Sei in voga, e poi sei superato. C'è questa costante lotta per l'ammirazione, l'affetto, e il rispetto che è una strana forma di amore-odio e un costante tentativo di dimostrare il proprio valore
D: Cos'è che stai cercando di dimostrare?
R: Non lo so. Credo comunque che dipenda dal mio disperato bisogno di essere capita e dal mio desiderio di poter avere qualche effetto sulle cose attraverso quello che comunico. Mi pongo continuamente delle domande. Perchè non mollo tutto? Potrei sposarmi e vivere da ricca... Eppure sento che non potrei mai farlo. Non è nemmeno una questione di soldi. A un certo punto è pura follia. Non so perchè, ma ho un fortissimo bisogno di essere capita.
D: Credi di poter comunicare solo esibendoti?
R: Veramente no. Però sono sempre sotto i riflettori - voglio dire, la mia vita è un palcoscenico, in questo momento, sia che mi trovi a casa o in ufficio o per la strada o in televisione o a fare compere. Sono sempre sotto i riflettori. In questo momento sono rarissime le volte in cui non senta il bisogno di essere "Donna Summer". Non posso proprio essere una ragazza di colore che viene da Boston. E' curioso il modo in cui la gente riesce a trasformarti nella persona che vuole vedere. Ma ho intenzione di trovare un equilibrio.
D: Cos'è che ti spaventa di più di quello che stai facendo?
R: Non essere in possesso delle mie facoltà e di quello che sono capace di fare. E in questa professione è facile che accada. Non voglio perdere di vista chi sono e il motivo per cui mi trovo qui, e credo che sia questa la mia più grande paura. Quando dico, "perdere la ragione", voglio dire entrare a far parte dell'ingranaggio a tal punto da non riuscire più a vedere la realtà di quello che devo fare nella mia vita. E quello che devo fare è sviluppare come meglio posso il mio talento, le mie capacità e quelle degli altri. Credo che ci sia un ordine da rispettare. Prima di tutto, prima di aiutare gli altri, devi veramente aiutare te stesso. Poi dovresti aiutare la tua famiglia o chi ti è vicino. E' per questo che sento che tra le mie conquiste più grandi c'è il lavoro che ho fatto con i Brooklyn Dreams o con mia sorella Sunshine, di cui sto producendo il primo album. E poi dovresti fare veramente qualcosa per il mondo. Una volta assecondato il tuo ego, viene il momento di restituire qualcosa. E' questa la filosofia che si trova alla base di quello che sto facendo, e la penso così da quand'ero piccola.
D: Senti il bisogno di fare qualcosa per la gente per essere ricordata?
R: Questo è strano, ma non mi interessa davvero essere ricordata. Spero che ricorderanno la mia filosofia, non la persona, perchè in realtà credo di essere abbastanza insignificante. La gente ricorda Gesù e i suoi discepoli, ma ricordarli in quanto persone non basta. Devi ricordare cosa ti hanno insegnato. Questo per me è importante.
D: Cosa vorresti che il tuo pubblico capisca di te che attualmente non capisce?
R: L'unica cosa che credo la gente debba capire è che ho bisogno di essere libera. Credo che ciò che mi dà maggiormente fastidio di questa cosa chiamata successo - perchè è
una cosa, un mostro - è che cambia la tua vita in maniera radicale. Non hai più alcuna privacy nella tua vita, e non hai scelta. Davvero, sono una persona normale, come tutti gli altri, e voglio comunicare con I miei fans, far sapere loro che li amo o altrimenti non farei quello che faccio. Allo stesso tempo, voglio che mi amino, mi rispettino e mi comprendano. Sono i miei ammiratori e vogliono X, ma devono capire che ci sono milioni di persone che hanno pretese su questa persona, che dicono, "Voglio questo, questo e quello". Ed è impossibile accontentarli tutti. Quando dico "Non posso", voglio che le persone capiscano che non posso proprio e che non si sentano offese. E' l'unica cosa che mi disturba: che pensano di meritare di più e che io non posso darlo. Se potessi lo farei, ma non posso. E allora li sento dire, "Ma noi compriamo i tuoi dischi". Sì, io ho cantato una canzone, voi avete comprato il disco, io ho avuto i soldi. Questo è il punto essenziale e non è "senza cuore". Io ho venduto un disco, non la mia anima.